Le navi da crociera perdono regolarmente passeggeri—e persino membri dell’equipaggio—senza interrompere il viaggio, a meno che non sia la guardia costiera locale a ordinare lo stop. Spesso, però, l’allerta viene data ore dopo la scomparsa. Considerando che le navi possono ospitare migliaia di persone, molte delle quali sotto effetto di alcol e/o stupefacenti, e che non c’è una vera presenza di polizia a bordo, le dinamiche diventano complesse. La sicurezza c’è, ma risponde direttamente alla compagnia, il cui obiettivo principale resta il profitto. I soccorsi scattano, ma solo per un tempo limitato, dopodiché la persona scomparsa viene considerata morta.
Lunedì 31 luglio, una donna di 64 anni, Reeta Sahani, è scomparsa dalla nave Spectrum of the Seas della Royal Caribbean. Viaggiava con il marito, che ha notato la sua assenza al risveglio e non è riuscito a trovarla a bordo. Secondo quanto raccontato dal figlio, Apoorv, in un post su X (ex Twitter), lo staff ha sostenuto che Sahani si fosse gettata in mare, mostrando al marito le immagini della videosorveglianza. “Era in vacanza, si stava divertendo, e poi è successa questa cosa assurda,” ha dichiarato Apoorv al Times, aggiungendo che sua madre non sapeva nuotare. Ha anche riferito che suo padre è stato interrogato per ore dalla polizia dopo la scomparsa.
L’incidente è avvenuto mentre la nave transitava nello Stretto di Singapore, dove ora la Maritime Rescue Coordination Centre stava guidando le ricerche per recuperare il corpo di Sahani.
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