Ridurre la settimana lavorativa a quattro giorni potrebbe migliorare in modo significativo il benessere dei lavoratori. È quanto emerge da un nuovo studio pubblicato il 21 luglio su Nature Human Behaviour, che documenta i risultati di un programma pilota condotto in sei Paesi: Australia, Canada, Irlanda, Nuova Zelanda, Regno Unito e Stati Uniti.
Coinvolgendo 2.900 dipendenti di 141 aziende, la sperimentazione ha previsto la riduzione delle ore lavorative del 20%, mantenendo però lo stesso stipendio. Dopo due mesi di preparazione per ottimizzare i flussi di lavoro, i risultati sono stati chiari: miglioramenti in salute fisica e mentale, minore rischio di burnout e una maggiore soddisfazione sul lavoro. I benefici maggiori si sono registrati tra i dipendenti che hanno ridotto maggiormente le ore, ma anche chi ha lavorato solo leggermente meno ha riportato miglioramenti rispetto al gruppo di controllo statunitense che ha mantenuto la settimana lavorativa tradizionale.
Lo studio si inserisce in un crescente filone di ricerche che mettono in discussione il modello dei cinque giorni, sempre più criticato per l’impatto su stress, ansia e produttività. Alcuni Paesi, come Polonia, Germania e Portogallo, stanno valutando l’introduzione di settimane lavorative più brevi, mentre il Belgio già consente ai lavoratori di concentrare le ore su meno giorni.
Per molte persone, lavorare cinque giorni è sempre stato la norma—o addirittura il minimo. Ma con l’aumento dei livelli di burnout e il crescente squilibrio tra ore lavorate e risultati reali, è forse il momento di rivedere questo paradigma.
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