Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite (UNHRC) ha pubblicato il 16 settembre un rapporto in cui afferma che Israele sta commettendo atti di genocidio contro la popolazione palestinese nella Striscia di Gaza, e in cui si chiede un intervento urgente della comunità internazionale per fermare l'escalation.
Secondo il documento, le azioni delle Forze di Difesa Israeliane — tra cui l'uccisione deliberata di civili, la privazione di cibo, l'impedimento delle nascite e la distruzione sistematica di abitazioni e luoghi di valore culturale e religioso — rientrerebbero nei criteri giuridici del genocidio.
Il rapporto punta il dito anche contro la leadership israeliana. Il primo ministro Benjamin Netanyahu, il presidente Isaac Herzog e l'ex ministro della Difesa Yoav Gallant vengono citati come responsabili di incitamento al genocidio. Il Ministero degli Esteri israeliano ha respinto con forza le accuse, definendo il rapporto "distorto e falso".
La base giuridica utilizzata dal team investigativo dell’ONU fa riferimento alla Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, adottata nel 1948. Secondo la convenzione, basta che un solo dei cinque criteri indicati venga soddisfatto per configurare un atto di genocidio: il rapporto sostiene che Israele ne abbia già compiuti quattro.
Oltre al quadro giuridico internazionale, il documento richiama anche un modello teorico sviluppato nel 1996 da un docente universitario per il Dipartimento di Stato americano. Questo modello identifica dieci fasi attraverso cui una società può precipitare nel genocidio. Da allora, è diventato uno strumento fondamentale negli studi accademici sui crimini contro l’umanità.
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